Dichiarazione di Marco Stanga, vicepresidente Confcommercio Cremona e presidente provinciale Federmoda
Come Confcommercio condividiamo e sosteniamo la protesta contro le misure restrittive che, da oltre sei mesi, impongono la chiusura dei negozi nei centri commerciali nei giorni festivi e prefestivi. Siamo per la cultura della sicurezza, della salvaguardia della salute per i nostri dipendenti e per tutti i clienti, oltre che per noi stessi. Ma siamo ugualmente consapevoli che, grazie ad investimenti importanti e al rispetto di normative severe e protocolli rigidissimi, possiamo lavorare nella massima sicurezza. E rivendichiamo il nostro diritto a farlo. Tutte le imprese del nostro settore sono costrette, ormai da oltre un anno, a vivere in un clima di forte incertezza. Manca la possibilità di svolgere la nostra attività e non ci sono ristori adeguati. Scelte che avranno una ricaduta pesantissima sul tessuto delle imprese (ma anche della economia e del Paese più in generale). Si stima, nel nostro comparto, una perdita in termini di occupazione di 1,5 milioni di unità su una flessione complessiva (in tutta Italia e in tutti i settori) di 2,5 milioni.
“Unire responsabilità e coraggio”
Sono numeri che non si possono ignorare e che richiedono una analisi attenta e decisioni che uniscano responsabilità e coraggio. Le scelte sulle gallerie dei centri commerciali sono una testimonianza eloquente di un approccio alla ripartenza che non è ancora adeguato. C’è un cortocircuito tra la lentezza del Governo e la velocità delle imprese e, più in generale, della società. Che vuole tornare a correre ma si trova a farlo con il “freno a mano” tirato. Il disagio degli operatori dei centri commerciali si unisce a quello di tante altre categorie. Pensiamo al tema della ristorazione, con le limitazioni all’interno dei locali o al coprifuoco, o a quelle del settore turistico, con “pass” vaccinali che per ora sono solo annunciati ma non si capisce bene come funzioneranno. E poi c’è il tema strategico delle vaccinazioni con un piano nazionale che non considera prioritarie le nostre imprese (ma sono le stesse che proprio perché ipotizzate come possibili focolai sono state chiuse e che per le stesse ragioni oggi dovrebbero essere in cima alla lista). Da inizio emergenza il settore del terziario si è impegnato in un dialogo costruttivo con il Governo. Continueremo a farlo. Ma rivendichiamo attenzioni e soprattutto decisioni che siano coerenti. È il momento di adottare quelle decisioni capaci di rimettere in moto un comparto tra i più danneggiati dalla crisi, che continua ad operare solo parzialmente e senza una chiara prospettiva di ripresa. Senza il commercio, proprio per il peso che ha nel contribuire al Pil, non ci può essere una vera e solida ripresa.
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