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Dichiarazione di Vittorio Principe in merito al commissariamento delle Camere di Commercio.
È incredibile che, per il Governo, la priorità sia l’accorpamento delle Camere di Commercio. Un provvedimento che, anziché agevolare le imprese in un momento difficilissimo, rischia di lasciarle più sole limitando l’operatività di una realtà importantissima per il territorio e il tessuto economico. E peraltro, come è ormai cifra caratteristica dei decreti del premier Conte, è un’ulteriore decisione confusa e di difficile attuazione, che finisce con l’essere in contrasto con il ricorso presentato da Pavia al Tar che, di fatto, impedisce ogni possibile accorpamento. Ha ragione il presidente Auricchio quando sottolinea che “in questa fase le imprese avevano ancora bisogno di una Camera di Commercio attiva sul territorio”. Continuando, invece come si sta facendo ora, finiremo con il vedere realizzate le profezie di Pansa quando (ne L’Italia si è rotta) afferma che “Il nostro è un Paese perduto. Travolto dalla cattiva politica, da partiti e governi incompetenti”. Un lusso che non possiamo permetterci.
Mai come ora serve la vicinanza alle imprese
Mai come ora è vero che le imprese non possono essere lasciate sole. In questi sei mesi la giunta camerale ha garantito contributi per tre milioni di euro, una risorsa preziosissima. Forse il premier e i suoi ministri hanno dimenticato che siamo ancora in piena emergenza (non solo per una possibile seconda ondata dei contagi). Si pensi, ad esempio, al tema degli ammortizzatori sociali per cercare di tutelare il lavoro e per accompagnare le aziende verso una ripresa che appare ancora lontanissima. Come Confcommercio abbiamo sempre sostenuto che fosse sbagliato l’obbligo di accorpamento (tanto più che le Camere di Commercio vivono del contributo associativo delle imprese). Renderlo obbligatorio in questo momento è così irresponsabile da rasentare la follia.
Così si rischiano di perdere imprese e posti di lavoro
Questa nuova comunicazione del Governo sembra aggiungere un capitolo ad una cronaca di una morte annunciata, quella delle imprese. Le misure messe in campo dal premier e dai quattrocentocinquanta “esperti” con l’obiettivo di far ripartire il Paese producono, come unico effetto, danni gravissimi al sistema. Merito di decreti calati dall’alto, senza minimamente considerare le esigenze delle Associazioni di categoria e di tutte quelle partite Iva che, da sempre, lavorano per creare sviluppo e futuro all’Italia. C’è una realtà di totale abbandono che rischia di devastare un Paese e il suo sistema produttivo e distributivo. Mancano un progetto, una visione, coraggio politico. Solo gretta e insensata burocrazia. Non possiamo permetterci di continuare così.
Per ripartire occorre ascoltare anche le richieste delle realtà economiche
E lo diremo anche al viceministro Misiani, atteso in città il prossimo mercoledì. Chiederemo di bloccare il provvedimento e di ascoltare la richiesta dei territori. Lo capisca anche il Governo, anziché affidarsi solo ad “esperti” lontanissimi dalla vita reale e dal tessuto produttivo. Occorre confrontarsi in maniera più efficace e costruttiva con le esigenze delle piccole e medie imprese (la spina dorsale del Paese) per ritrovare una linea d’azione condivisa, concreta, efficace. Solo così (e non con proclami senza alcuna logica) potremo ricostruire la speranza e il futuro.
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