
Il fenomeno della desertificazione commerciale continua a colpire l’Italia, con un impatto sempre più evidente anche sul patrimonio immobiliare: nelle aree dove i negozi chiudono, gli immobili perdono valore in maniera significativa. È quanto emerge dall’indagine Confcommercio–SWG, presentata durante il summit “inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono” .
Secondo l’analisi, nel Paese si contano oltre 104 mila spazi commerciali sfitti da anni, ai quali si aggiungono 140 mila negozi chiusi negli ultimi dodici anni. Un dato che fotografa un processo capace di svuotare i centri urbani e modificare la qualità della vita dei quartieri. E il valore immobiliare segue la stessa tendenza: un appartamento situato in una zona ricca di negozi vale in media il 23% in più, mentre dove il tessuto commerciale si impoverisce il prezzo scende fino al 16%, con un divario complessivo che può raggiungere il 39% .
La ricerca conferma inoltre che i negozi di vicinato non sono percepiti come un retaggio del passato: rappresentano identità, sicurezza, servizi e socialità. Per il 64% degli italiani favoriscono la relazione tra le persone, per il 62% migliorano la cura degli spazi pubblici e per il 60% contribuiscono alla sicurezza. Non sorprende, quindi, che due cittadini su tre chiedano più negozi nei propri quartieri .
«Il commercio di prossimità è parte dell’identità dei nostri territori», sottolinea Andrea Badioni, presidente di Confcommercio Provincia di Cremona. «Ogni negozio aperto porta servizi e qualità della vita; ogni chiusura lascia un vuoto e un impatto diretto sul valore degli immobili. Per questo la desertificazione non è un problema di categoria, ma una responsabilità condivisa. Servono strategie coordinate tra istituzioni e imprese, politiche fiscali più eque, un accesso al credito sostenibile e interventi dedicati per riportare in vita i tanti negozi oggi sfitti» .
Badioni sottolinea anche la necessità di agire su più livelli: un coordinamento nazionale stabile delle politiche urbane; una valorizzazione dell’esperienza dei Distretti Urbani del Commercio a livello regionale; e, nei Comuni, Programmi pluriennali per stimolare l’economia di prossimità attraverso canoni calmierati, incentivi, partenariati con il mondo immobiliare e logistica urbana sostenibile. «È un’agenda ambiziosa, ma ormai necessaria», aggiunge .
Tra gli strumenti già attivi, Confcommercio ricorda il progetto Cities, dedicato all’analisi degli Urban Data per sostenere la programmazione territoriale. «Cities ci permette di leggere il territorio, pianificare e valorizzare il ruolo delle imprese del terziario nei processi di sviluppo e coesione. Da qui dobbiamo ripartire», conclude Badioni .
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