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Gli spazi dimessi non diventino solo aree per la media e grande distribuzione

In questa fase in cui inizia ad affacciarsi la prospettiva della ripartenza torna attuale la volontà di convertire spazi dismessi ad aree commerciali, con nuovi poli distributivi e l’insediamento della media e grande distribuzione. Una soluzione che, come Confcommercio e Botteghe, abbiamo sempre pesantemente criticato. La nostra contrarietà è, oggi, ancora più ferma proprio per il momento che stiamo vivendo. Innanzitutto per rispetto a tutte quelle imprese che con sacrifici enormi, quasi per restare fedeli ad una vocazione a fare imprese, hanno cercato di resistere e sopravvivere alla pandemia. Imprese che dopo non aver ricevuto le giuste attenzioni ora rischiano di unire al danno la beffa di vedere l’insediamento di nuove strutture di media distribuzione. Altre ad aggiungersi alle troppe che già oggi ci sono. Ma non è solo per tutelare le imprese associate che esprimiamo il nostro dissenso. Pensiamo infatti che, mai come ora, sia necessario stimolare una riflessione più ampia sullo sviluppo della città, non confinandolo al solo fronte economico.

Lo sviluppo sia rispettoso dell’identità e della bellezza della città

Nel pensare al rilancio complessivo delle aree urbane nessuno (dalle amministrazioni alle associazioni fino ai cittadini) può abdicare all’impegno di un piano che crei occasioni di sviluppo sostenibile, duraturo e inclusivo, rispettoso dell’identità e della bellezza della città, attento alle prospettive di sviluppo anche turistico. Occorre capire (e non lo sosteniamo solo noi come Associazione di rappresentanza ma lo affermano anche illustri studiosi) che la vera ricchezza delle città “sono le relazioni, non il cemento”. E’ evidente quanto il nostro settore economico (e nessuno più di noi che diamo voce al commercio di vicinato, ai servizi, al turismo) abbia interesse nella valorizzazione delle città perché proprio le nostre imprese sono i luoghi dove il cambiamento diventa vita, sono il “presidio sociale” fatto luce e vetrina, sono le insegne dove “storico” diventa turismo e “smart” diventa servizio. Infatti, proprio il commercio, i servizi e in generale le attività del terziario ricuciono le città e i territori, valorizzano la diversità tra città e città, e dentro le città, fanno parte fondamentale di quel capitale urbano che è il sedimentarsi di storie individuali e collettive. Un patrimonio di valori che deve essere riconosciuto anche da chi ci amministra e dalla stessa comunità. E che non deve essere messo da parte perché altri interessi spingono alla rigenerazione attraverso chi, questi valori, non riesce minimamente a svilupparli.

Sul futuro progetti condivisi anche con le Associazioni di categoria

Proprio per questo sarebbe forse opportuno anche un vero e proprio tavolo di confronto con le Associazioni di Categoria perché si possa garantire uno sviluppo equilibrato tra le diverse forme distributive, capace di rispondere alle effettive necessità della città. Non possiamo sempre essere informati solo quando ormai le decisioni prese. Rivendichiamo un autentico ruolo consultivo, proprio per il contributo che le nostre imprese danno alla vita della città, alla sua economia, alla sua identità. Come Confcommercio ribadiamo – e lo abbiamo sempre fatto – che nel dare nuova vita ai contenitori dismessi si devono evitare “scorciatoie” utili nell’immediato ma incapaci di portare un valore aggiunto ad ogni progetto serio di rigenerazione urbana. Puntare su piccoli o grandi supermercati è una scelta che, in prospettiva, non paga. Non serve in alcuna misura al turismo, non è per nulla legata alla identità di Cremona, non porta alcun servizio aggiuntivo e, al massimo, finisce con il sovraffollare un segmento già congestionato. Al di là di interessi privati, è la città a non guadagnare nulla. Non voglio apparire cinico ma è evidente come Cremona (e il suo circondario, da Castelvetro a Gadesco) sia già sovraffollata di centri commerciali. In questi mesi di (ingiusta) chiusura di queste realtà abbiamo visto tornare la gente in centro e scegliere i negozi della città, riscoprire il piacere dello shopping nel centro commerciale naturale.

Ogni nuovo polo distributivo finisce con l’impoverire il centro

Ma in tempi normali tanto aumentano i nuovi poli distributivi quanto calano i flussi pedonali. Non ci sono troppe alternative. Con una pianificazione che punti solo sulla concessione di nuove licenze è inevitabile impoverire ulteriormente il centro, privandolo dei negozi legati al quotidiano e dei loro servizi, in particolare quelli legati al settore alimentare, rendendo il cuore di Cremona meno attrattivo e vivace. Non si avverte la necessità di nuovi supermercati. Negli ultimi anni è stato inaugurato (nonostante la contrarietà non solo delle Associazioni ma anche degli stessi residenti) un nuovo punto vendita in via Massarotti e si sta parlando di un’altra realtà in via Bergamo. Da poco anche uno a in via Cascina Corte. Si è ampliato moltissimo anche il CremonaPo. Ed è già pronta a partire la ex Armaguerra (una minaccia pesantissima) Senza parlare delle altre autorizzazioni già concesse per medie superfici o agglomerati di medie strutture, con cantieri che potrebbero essere aperti in ogni momento. Come Confcommercio riteniamo che si debba, invece, cercare di favorire quelle logiche di rilancio del tessuto urbano già piuttosto evidenti in altre città che puntano sull’arricchire i centri storici di servizi.

Si pensi anche a destinazioni non commerciali, privilegiando quelle legate a cultura e alla formazione

Pensiamo, come esempio, ai capoluoghi limitrofi dove si è riusciti a far tornare le sale cinematografiche evitando di confinarle nei multisala. Non mancano esperienze positive per il rilancio dei contenitori dismessi. Da qualche mese è stata inaugurata la sede universitaria di Santa Monica. Un esempio virtuoso capace di elevarsi a occasione di crescita per tutta la comunità, capace di guardare al futuro, di investire sui giovani e sulla cultura. O, ancora, con la nuova sede della Stauffer e poi con Palazzo Grasselli. Come Confcommercio – voce delle imprese del terziario – crediamo in modelli più evoluti di sviluppo della città, crediamo e sosteniamo progetti che sappiano trasformare la rigenerazione urbana in rigenerazione umana, a servizio della qualità della vita, della bellezza dei luoghi, della sostenibilità e del futuro delle prossime generazioni.

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