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Un primo passo ma non un traguardo
Per Confcommercio Cremona il decreto “Cura Italia”, rappresenta un primo passo, ma non certo un traguardo, se si è determinati a restituire fiducia alle imprese e al sistema Italia. “Sono previste elemosine di poche centinaia di euro e moratorie di pochi giorni – conferma Vittorio Principe, presidente della Associazione di Palazzo Vidoni -. Ancora una volta si chiedono sacrifici solo a chi ha una partita iva”. “Se la famiglia di un commerciante o di un professionista – afferma il presidente di Confcommercio – può vivere con cinquecento euro al mese (meno del reddito di cittadinanza che almeno non viene erogato “una tantum”), allora altrettanto dovrebbe fare un politico di ogni livello, proprio perché in difficoltà è tutto il Paese. Per ripartire insieme è giusto anche soffrire insieme”. Non è quello che, purtroppo, sta avvenendo.
Principe: “Risorse ben inferiori a quelle degli altri Paesi europei”
“Mentre il premier Conte – rilancia Principe – annuncia come inevitabile la proroga della chiusura delle attività, non mette in campo indennizzi straordinari adeguati alle imprese, rischiando che si finisca per imporci (più o meno responsabilmente e consapevolmente) una chiusura definitiva. Gli stanziamenti di questo “Cura Italia” sono poca cosa, anche se paragonati alle risposte arrivare da altri Paesi con caratteristiche simili a quelle italiane. Penso, solo per citare un esempio, alla Spagna, alla Francia e alla Germania. Ci deve essere corrispondenza tra gli obiettivi che ci vogliamo dare e l’impegno messo in campo per raggiungerli. Le risorse fin qui trovate dal Governo non sono minimamente adeguate, neppure per sperare in una tenuta del sistema economico. Viene imposto (giustamente, per motivi di pubblica incolumità) lo shutdown di un intero sistema economico e questi signori sperano di cavarsela con qualche spicciolo, magari con il retropensiero di farci pagare tutto insieme tra qualche mese. Il punto è oggi quello di impedire che questa emergenza possa azzerare le possibilità di riprendere a lavorare, non appena l’emergenza sarà superata. Perché questo rischio possa essere evitato è necessario un colpo d’ala, una partenza convinta. Invece al posto di uno scatto da centometrista ci siamo mossi con passo da lumaca.
“E’ un palliativo, non una cura”
“Il decreto cura Italia, insomma, – continua Principe – rischia di essere un palliativo, una cura (appunto) non efficace, inadeguata non solo a restituire prospettive concrete di ripartenza ma almeno a legittimare quella fiducia nelle piccole e medie aziende – e dunque nel Paese – che è propria del dna dei nostri imprenditori. Bisogna affrontare e risolvere la questione”. Per Confcommercio ci sono poche linee di indirizzo che devono trovare la giusta attenzione. “La prima – dichiara il presidente Principe – è la consapevolezza che non ci sono aziende strategiche da tutelare (quelle quotate in borsa, come ha richiamato ancora Conte) ma che tutte sono ugualmente importanti e ciascuna concorre allo sviluppo del Paese, a creare ricchezza e occupazione. Penso al nostro settore, quello del commercio, del turismo e dei servizi, come quello che ha subito l’impatto maggiore da questa emergenza, come quello più danneggiato e diventato più fragile. La sospensione di adempimenti e scadenze fiscali e contributive relativi al mese di marzo non basta. Occorre da subito considerare un periodo più ampio”. Un anno “sabbatico” in cui si ferma tutto e l’intero sistema Paese, sostenuto interamente da riserve europee e nazionali, abbia la possibilità di ripensarsi e di rilanciarsi, valorizzando la produzione italiana e le nostre attività terziarie.
Regina: “Bisogna tagliare le tasse, come alcune imposte locali”
“Anche su questa moratoria – rilancia il segretario generale Paolo Regina – si è creata una gran confusione. Possibile che, in questa emergenza, con imprese chiuse, centri servizi a personale ridotto sia emerso, solo a quarant’otto ore dalla scadenza, che non era stato spostato il versamento di parte delle quote Inps per i dipendenti? Davvero siamo al paradosso. Invece sarebbe servita, da subito, una più ampia e inclusiva “moratoria fiscale”. Spostare i versamenti di oggi a fine maggio non serve a nulla. Servono rateizzazioni più lunghe. Così come alcune tasse vanno tagliate. Non tanto per aiutare le imprese, quanto per equità. Questa grave emergenza può essere l’occasione per chiedere finalmente alla UE di pensare ad un unico sistema fiscale europeo che eviti distorsioni e concorrenze sleali tra i Paesi. Ma torniamo al decreto “Cura Italia”. Pensiamo alle varie imposte comunali. E’ mai possibile che chi è chiuso, dunque non produce rifiuti, li debba pagare come se lavorasse a pieno regime? O, ancora, possiamo pensare di pagare imposte di pubblicità, in città dove c’è il coprifuoco e il divieto di uscire di casa? Basterebbe, io credo, un po’ di buon senso”. Per Regina “Serve un intervento strutturale sulla rimodulazione del gettito, con un piano che coinvolga la generalità dei contribuenti, altrimenti la crisi di liquidità delle aziende viene solo rinviata di qualche tempo, e, per alcuni, addirittura aggravata”. E se, per Confcommercio, vanno bene le misure sulla “cassa in deroga” non si deve dimenticare che questo provvedimento può avere una valenza temporanea ma, di fatto, non si deve perdere di vista che “l’obiettivo è un sostanziale riavvio dell’economia”.
“Dare credito alle imprese per farle ripartire quando l’emergenza sarà superata”
“Penso, con particolare attenzione, al tema del credito – conferma il segretario generale di Confcommercio – Occorre scommettere, tutti insieme, sul futuro del Paese. Che significa, innanzitutto, garantire liquidità alle imprese, magari proprio a condizioni agevolate, per permetterne la loro sopravvivenza. Come Confcommercio e AscomFidi, a tutti i tavoli, abbiamo portato proposte concrete e richieste che, per noi sono necessarie. Ben venga il potenziamento delle disponibilità del Fondo centrale di garanzia, “ma occorre snellire le lunghe e macchinose pratiche burocratiche necessarie oggi per chiedere agli istituti bancari la sospensione delle rate e deve essere dato particolare impulso all’erogazione di nuovo credito”. “Vogliamo, come Confcommercio, che nessuna impresa sia lasciata indietro. – conclude Regina – E’ l’unica scelta responsabile anche verso il Paese, l’unica capace di generare futuro. Questo, tuttavia, deve essere un obiettivo condiviso e su cui tutti lavorano con coesione e convinzione. La spina dorsale dell’economia della nostra nazione è rappresentata dalla piccola impresa e dai lavoratori autonomi e sarà così anche in futuro. Sono loro che hanno fatto della nostra Nazione un’eccellenza riconosciuta nel mondo. Oggi chiediamo che chi ci governa adotti tutti i provvedimenti necessari per continuare ad esercitare questo ruolo. Diversamente succederà come quanto si va in barca. Se si rema solo da un lato non si avanza ma si continua a girare in tondo. E così non si “cura” nessuno”.
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